Perdersi in un bicchier d'acqua


Capisco che si possa anche essere adoratori del mercato. E storditi dall'incenso, dalle incessanti giaculatorie, consegnarsi a Mammona anche se ti promette l'inferno. Ma ciò che non si può fare con gli dei della modernità è essere fedeli non praticanti, com'è invece nella migliore tradizione italiana delle doppie morali, dei doppi forni, dei doppi fondi neri. La legge sulla privatizzazione dell'acqua è così una bestemmia contro l'intero olimpo: bestemmia contro i diritti elementari che dovrebbero essere garantiti, ma anche una bestemmia contro il mercato. L'obbligo a privatizzare, elemento bizzarro e assurdo del sonno della ragione cui ci obbliga il berlusconismo, è infatti il miglior metodo per evitare proprio ciò che teoricamente si dovrebbe cercare, ovvero la concorrenza perché gli interessati saranno ovviamente stimolati a fare cartello. E' il miglior metodo per evitare che il pubblico possa contrattare servizi, investimenti e prezzi. Infine è il miglior modo per far restare la rete idrica nel suo dissesto perché, trattandosi di un servizio essenziale e di base, i privati hanno tutto l'interesse a metterci meno possibile e far pagare il più possibile: dell'acqua non si può fare a meno. In termini tecnici non esiste alcun vantaggio marginale sul quale il mercato potrebbe agire.
Ma questo certo non interessa al governo che vuole fare cassa a tutti i costi, soprattutto i costi dei cittadini, a un governo che ormai è uno spacciatore di fichi secchi. A cominciare dal fico secco chiamato Silvio che solo le escort possono illudere di essere appena appena un po' maturo. E visto che persino l'acqua è una merce come le altre tanto varrebbe cominciare a fare commercio di vergini e veline, l'unico prodotto nel quale possiamo sperare di battere qualsiasi concorrenza, avendo abolito lacci e laccuioli posti dalla dignità e dal semplice buon senso. Se fossi in Tremonti ci penserei seriamente, ammesso che già non l'abbia fatto: di certo tra un po' sarà più facile che bere un bicchier d'acqua.


Alberto Capece Minutolo