Gentilissimo Corrado Augias

nella bella e apprezzata rubrica su La Repubblica Lei è sempre prodigo di intelligente e saggio buon senso: come non stimarLa? 

Oggi la pagina da Lei curata è preceduta da altre due totalmente occupate dalla pubblicità di una casa di moda: sono di un trionfante color rosa shocking, vi campeggia una immagine di donna dalla bellezza raffinata quanto stereotipata, inquietante perché di una fissità da disumana bambola mutante. Come lamentarci poi della misoginia maschilista – pardon, della galanteria - del Cavaliere? D’altra parte, continuando a sfogliare il giornale su cui Lei scrive, vera bandiera e simbolo del nostro mondo democratico e progressista, si incontrano numerose altre pagine straripanti di pubblicità commerciale analoga: l’azienda dal nome esotico che produce mobili per l’arredamento della casa, la catena di alberghi che esalta pregi e servizi di strutture tutte ubicate nelle regioni del Paese a più elevata concentrazione malavitosa (Campania, Calabria, Sicilia). Lei sicuramente sa meglio di me quanto tali pagine costino, in centinaia di migliaia di euro, ai committenti. 

Ora, caro dr. Augias, noi siamo uomini di mondo e in età tale da averne viste abbastanza per non essere degli sprovveduti. A parte il disagio di lettore costretto a destreggiarsi faticosamente alla ricerca di un testo sommerso da una pubblicità commerciale volgare e onnipervasiva: ma lei non è portato a chiedersi da dove provengono - specialmente oggi, con la liquidità che abbonda solo nell’area grigia, sommersa e criminale dell’economia - risorse finanziarie così abbondanti da potersi permettersi un tale fastidioso dispendio patinato? Inneggiamo alle coraggiose e documentate inchieste di Roberto Saviano, e poi non ci chiediamo da dove vengano tanti quattrini, chi possa oggi fornire via pubblicità il 60% degli introiti complessivi del suo come di altri giornali? E se i miei sospetti fossero fondati, come poter credere che tale commistione non condizioni in qualche misura libertà e autonomia che si vogliono coerenti con le belle parole sue e di tanti altri che ancora, per fortuna, si possono leggere su La Repubblica? E poi, e insomma: ma chi è il dominus della pubblicità, chi meglio la incarna e interpreta, chi più ne gode e se ne avvantaggia? E noi  partecipiamo a questa logica oramai tossica e aberrante da subalterni  passivi e perdenti?  

Chiedendo venia dell’eventuale disturbo, Le faccio i migliori auguri di buon lavoro.  

Gian Carlo Marchesini