Frost/Nixon – Il duello.


Cosa è il potere, quale la sua origine, di cosa si nutre? E’ un tentativo di lenire il dolore insopportabile a causa di una mancanza e di una assenza, di una intollerabile umiliazione subita, di una originaria immedicabile ferita.

A che cosa può portare? A ritenersi autorizzati - al fine di risarcirsi, al di fuori e al di sopra di qualsiasi legge umana - a raffigurarsi e comportarsi come un onnipotente iddio.

Quindi la ricerca e l’attaccamento al potere è una risposta sbagliata alla sofferenza per una ferita, per una malattia. Ma come se ne guarisce? Prendendo coscienza e riconoscendo il terribile errore compiuto, chiedendo perdono a chi, a causa del suo esercizio delirante e assoluto, è stato tradito e pesantemente danneggiato.

Il film Frost/Nixon affronta un tema antico, universale ed eterno, e però parla di noi e dell’oggi. Del film potrebbero bastare anche soli cinque minuti, quelli in cui Nixon, superbamente interpretato da Frank Langella, chiama al telefono Frost, il suo intervistatore antagonista e, in preda ai fumi dell’alcol, e quindi del tutto disinibito e sincero, gli parla a cuore aperto. E gli confida le ragioni che spingono un uomo a cercare spasmodicamente, ossessivamente il potere: come rifugio, compensazione e risarcimento per una infanzia e adolescenza segnata dal disprezzo e dall’esclusione, dalle umiliazioni subite da chi nei suoi confronti si sente superiore, e per confermarselo ha perenne bisogno di emarginare, umiliare e perseguitare qualcun altro; di chi sta al vertice della piramide, e restituisce il potere, la ricchezza e il successo conquistati sotto forma di derisione ed insulti nei confronti di chi non fa parte degli eletti. Insomma, una rappresentazione di un modello dell’affermarsi sociale, del vincere e del riuscire, come lotta spietata e crudele per sconfiggere il prossimo vissuto come avversario e concorrente, per restare alla fine solitari e unici ai vertici. 

E, insieme a questi cinque alcolici minuti notturni straordinariamente rivelatori, sono nel film strepitosi gli altri cinque minuti in cui Nixon crolla di fronte alle documentate ed efficacemente argomentate dimostrazioni dei suoi errori, dei suoi imbrogli e menzogne, della sua sistematica opera di corruzione, e confessa di avere sbagliato, di avere mentito e imbrogliato, ma si difende sostenendo che ritiene prerogativa di un Presidente, se lo ritiene indispensabile nell’adempimento dei suoi doveri, anche infrangere e calpestare le leggi. Perché – Nixon lo scandisce con una convinzione rocciosamente non scalfibile – il Presidente degli Stati Uniti è al di sopra di qualsiasi legge. Ecco, in due passaggi relativamente brevi ma intensissimi di un film magnificamente diretto da Ron Howard, spiegata la possibile catastrofica miseria umana di chi si accanisce ossessivamente nella conquista del massimo potere politico ottenibile, e la convinzione, finalmente confessata da parte di chi quella vetta ha raggiunto, di ritenersi per ciò esonerato da qualsiasi obbligo e vincolo di rispetto nei confronti della legge. 

La cosa che inquieta e sbalordisce è come possa succedere che dei popoli civili ed evoluti si mettano nelle mani di individui così evidentemente tarati e psichicamente disturbati, così in balia di un delirio di narcisistica onnipotenza, così bisognosi, invece, di essere aiutati a comprendere le proprie pulsioni deragliate per controllarle meglio e guarirne.

All’intelligenza sapiente di Ron Howard, e di Peter Morgan, autore del dramma teatrale da cui il film è stato tratto, si deve infine la scelta di mettere a confronto sul set dell’intervista/ring un Nixon che non è solo roccioso, solenne e catatonico, ma anche a suo modo felpato e scherzoso, autoironico e consapevolmente problematico: mentre il suo antagonista, l’intervistatore/intrattenitore televisivo, si rivela essere non soltanto un abile professionista nell’uso del mezzo televisivo, ma anche un capace e rigoroso indagatore di fatti e misfatti legati alla gestione del potere politico, dotato del coraggio di affrontarli e denunciarli malgrado l’evidente  sproporzione nel rapporto di forza. Declinata in ambito politico nostrano, è un po’ come se al posto di Nixon e Frost ci fossero Andreotti e Chiambretti. Ma magari una sfida del genere prendesse corpo e si realizzasse anche qui da noi..! Significherebbe almeno saper affrontare e praticare un livello di verità nell’analisi di fatti e misfatti politici (pensate alle sette stragi di stato qui da noi ancora senza responsabili e mandanti), e nell’ammissione delle proprie responsabilità, da cui invece, ahimé, siamo ancora vertiginosamente lontani. 

Gian Carlo Marchesini