La Puglia è un desolato buco nero

Il barese Gianrico Carofiglio è bravo scrittore e ora anche parlamentare del Pd. Il salentino Edoardo Winspeare e Daniele Vicari (di Rieti) sono registi non alle prime armi, anzi con un interessante carniere di opere già acquisito. Lo so bene, da uno che di mestiere fa lo scrittore (e il procuratore antimafia, e il parlamentare), da chi fa il regista di cinema, non ci si deve necessariamente aspettare edificanti opere intrise di speranza e ottimismo. Ma dalla visione di film come Il passato è una terra straniera (Vicari/Carofiglio) e Galantuomini (Winspeare) si esce a dir poco interiormente annichiliti. L’immagine della Puglia che se ne ha (Bari e Lecce) è virata in un tale torbido nero da restarne sconsolati. La malavita spadroneggia, il gioco d’azzardo imperversa, la droga scorre a fiumi, la volgarità e la violenza - contro le donne specialmente – dilagano. Come non essere indotti a ritenere che quella sia una terra di sciagura e infamia, in balia di anarcoidi pulsioni autodistruttive? I protagonisti sono giovani trenta/quarantenni, ma già sembrano fissarti dallo schermo con lo sguardo gelido di trapassati, zombi abitanti un pianeta in via di definitiva dissoluzione. Carofiglio, con ottima scrittura, fornisce storie che più trucide e nere non si può; i bravi registi accorrono che sembra non aspettino altro per mettersi golosamente a lavorare; una pletora di affermati attori giovani – su tutti la magnifica Donatella Finocchiaro – prestano entusiasti volti dolenti, ghigni beffardi, sberleffi revulsivi. A che cosa? A quello che appare come sabba e discesa negli inferi. I personaggi femminili, poi… Ne Il passato è una terra straniera Chiara Caselli è una debosciata dedita al gioco d’azzardo pronta a tradire un marito ricchissimo e assente con il primo sbarbatello infoiato che le capita a tiro. Donatella Finocchiaro, in Galantuomini, resa madre da uno spacciatore spavaldo e truculento, assurge, in quanto favorita del vecchio boss, al ruolo di capo di una cosca della Sacra Corona Unita che gestisce i suoi traffici di droga e armi tra la costa pugliese e il Montenegro. Ed è raffigurata in una scena come quella che prima di sparare alle gambe di un avversario, gli lecca ingordamente il sangue che esce dalle ferite sul viso.   Ora, non è che qui si voglia caldeggiare il racconto della vita come favoletta rosa, ma uno straniero che vedesse questi due film, o leggesse i libri di Carofiglio, non è indotto a farsi della Puglia un’idea di perdizione assoluta? Ma la Puglia non è anche terra di impegno e lavoro che ha saputo riconoscersi, eleggendolo a proprio governatore, in Nichi Vendola? Non è terra ricca di storia gloriosa, di attività e commerci, di incontri e incroci? O ci si deve arrendere al fatto che la vitalità residua sembra essere proprio questa del grido disperato, mentre altre regioni, definitivamente afasiche e perdute, manco più quella si ritrovano? Ma non sarà anche che chi oggi produce film, magari sulla spinta del successo di Gomorra, tende a corrispondere alla domanda di un pubblico che reclama di poter grufolare nelle ingigantite miserie altrui allo scopo di scordarsi delle proprie?

Gian Carlo Marchesini