Lettera al grande  David Grossman

Carissimo David, alla fine della lettura dei suoi straordinari libri viene inevitabile una domanda. Reso omaggio alla famiglia, come lei fa in maniera splendida, ai figli bambini e adolescenti, alla donna e madre che tutto genera, sostiene e nutre – e accoglie, e comprende, e perdona -, noi uomini, noi maschi adulti non possiamo evitare di porci una domanda: perché i figli frutto di questo fecondo afflato domestico, arrivati a 18/20 anni si ritrovano miseramente consegnati e arresi al mondo della droga e della guerra? Che cosa induce le nuove generazioni germinate da tanta cura e amorosa pazienza, a dissiparsi e dissolversi così spesso nella disgregazione e nella violenza? E’ il risultato di un complotto, è il fato e il destino, è un crudele editto divino, o non dobbiamo invece noi adulti rapidamente rivedere e drasticamente modificare il nostro modo di essere, di pensare e di agire? Non c’è alla base del mondo che abbiamo costruito il germe di una barbarie dissennata a spingere al sacrificio cruento, al suicidio e all’omicidio, alla negazione di tutti i vitali presupposti, dei fiumi di dedizione e impegno profusi?

Osservavo l’altro giorno le foto in sequenza di un giovane musulmano fondamentalista e terrorista (sedicenne!), bloccato in una città irachena mentre era in procinto di intrufolarsi in una moschea dove sarebbe esploso immolando se stesso e decine di altri inermi convenuti. Nella prima foto il ragazzo è trattenuto a terra, in evidenza il giubbino gonfio di esplosivo. Nella seconda, tolto il micidiale corpetto, è legato mani, braccia e collo come un capretto condotto al macello. Nella terza, portato nel frattempo in carcere, viene ripreso disteso e denudato su un tavolaccio, semisvenuto per le percosse, i segni fondi e violacei delle funi ancora impressi su  braccia e polsi. Ecco, il mondo odierno, lo stato dei rapporti tra i popoli del Medio Oriente si direbbe tutto racchiuso in quella immagine di corpo adolescente dalla prostrata bellezza commovente, ancora vigoroso nella sua promessa di energia e di vitale creatività, trasformato prima in orrendo e criminale messaggero esplosivo, in un ordigno atto a provocare un macello, e poi, ferito e umiliato, reso impotente e destinato al carcere a vita o alla soppressione. Noi adulti tutti non sappiamo più nemmeno portare al fine cui sono naturalmente e magnificamente vocati i giovani che abbiamo generato, amorosamente fatto crescere e nutrito. Preferiamo imbottirli di odio e di esplosivo, o lasciare che in alternativa si riempiano di alcol e droghe per vagolare la notte fino a schiantarsi su un palo o un muro.

Caro David, io temo che il nostro amore assomigli sempre meno a un elegante e pacifico cerbiatto, e sempre più a un ossesso terrorista, a un soldato combattente al servizio della guerra, a un drogato mentecatto. E anche noi, io e lei, partecipiamo delle generazioni di uomini che quantomeno, bene che ci vada, non hanno saputo impedire, non hanno saputo proteggere e preservare e contribuire a portare le nuove generazioni al culmine del loro meglio – realizzando così “il sogno di una cosa”, come auspicava un venticinquenne Karl Marx scrivendo a un suo amico – dentro un mondo di popoli tra di loro fraternamente collaborativi, meno testardi e ottusamente coglioni nel rivendicare identità, diversità e superiorità, più disposti a integrarsi e interagire per vivere pacificamente insieme.

Felice per la lettura dei suoi magnifici libri, grato per le riflessioni stimolate, Suo   

Gian Carlo Marchesini