A che titolo?

Ricordate ancora le primarie? Quelle vere, non quelle finte, coreografiche, plebiscitarie. Si sono triplicate le iscrizioni nei circoli, dove si è tenuto un confronto rispettoso e serio sulle mozioni dei tre candidati. Si è spiegato in piazza e nelle strade a chiunque volesse ascoltare e interloquire le ragioni e le proposte, il perché dell’impegno nel dare vita a un progetto. Si sono vissute giornate di democrazia di massa belle, corali, partecipate: tutti in fila, umilmente, fieramente, con il documento di identità e due euro in mano, a esprimersi per concorrere a determinare per il futuro del Paese il miglior risultato possibile.

Il risultato ha premiato per il 52% dei voti espressi uno dei tre candidati, e malgrado la stranezza molto sospetta di un quasi plebiscito a suo favore in alcune parti del Paese (Caserta, Napoli, la Calabria, aree per le quali Roberto Saviano, uno che se ne intende, ha chiesto come necessario per infiltrazioni malavitose il gesto coraggioso di un azzeramento dell’intero organigramma del Partito), l’esito del voto è stato da tutti accolto e accettato. La macchina, il senso e la logica di un fare e partecipare in massa alla politica – dal basso, nei circoli, nelle piazze e tra la gente – si erano finalmente rimessi in movimento, in un Partito che si fregia di Democratico fin nell’insegna e nel nome.

Ebbene, qualcuno che non ha partecipato come candidato alla contesa delle primarie, che non ha oggi nel partito carica e incarico particolari, che quindi formalmente vale uno qualsiasi dei militanti iscritti – e nelle regole della democrazia la forma è sostanza – con piglio e sicumera da autocrate proprietario interviene in una intervista pubblica, in un momento cruciale e delicatissimo della vita del Paese, dettando lui la linea, indicando la strada come solo fa da un soprastante Olimpo il demiurgo. Costui, della democrazia di massa, delle regole di funzionamento di una organizzazione politica che fin nell’insegna si definisce democratica, ha una concezione del tutto personale, strumentale, elitaria e solipsistica. Dell’impegno e dello sforzo tenace e paziente di milioni di persone si fa beffe, agendo in proprio, muovendosi in solitario, buttando a gambe all’aria il lavoro, le promesse e le speranze dei milioni molti come foglie secche, come inutile e sterile sabbia.

Diversi esponenti del Partito intervengono, denunciano e si dissociano. E il segretario, quello democraticamente eletto? Per qualche giorno se ne sta zitto, poi, con il suo stile bonario e un po’ sornione borbotta:” Bé, questa non è mica una caserma: ognuno può esprimere liberamente le sue opinioni, no?”

Opinioni? Caserma? Ma chi ricorre ancora a termini provocatori e indecenti come “inciucio”, e imperterrito rilancia in solitario una trattativa con il leader dello schieramento opposto, come già infaustamente in passato ha fatto, esprime una delle tante opinioni possibili, o rovescia il tavolo di un metodo di formazione delle decisioni appena rilanciato, scaraventando nel fuoco una autobotte di benzina?

Il personaggio è tra l’altro accorto, avvertito e furbo: se ha deciso di dire pubblicamente quel che ha detto, non poteva non rendersi conto che il vero messaggio da lui lanciato sarebbe stato così letto e interpretato:” Cari amici e compagni, avete giocato, vi siete divertiti alla recita della democrazia, ma adesso la ricreazione è finita. La politica è altra cosa, e ben più seria, e la può fare solo chi ne è all’altezza, cioè io. Vi sentite disconfermati, presi per il culo e raggirati? Peggio per voi, vi siete fatti illudere dal gioco degli specchi e degli inganni, dal teatro delle forme e delle rappresentazioni. Ora tornatevene a casa buoni. Vi chiamerò io, quando sarà il caso, per tornare tutti in fila come le marionette ai seggi per sancire con il voto quanto poi penserò io, a mio giudizio e gradimento, a cancellare e distruggere. Perché il comando in politica è una cosa seria. Io sono il decisore, voi recitate pure la vostra parte, ma poi, quando il gioco si fa serio, dovete solo farvi da parte e scomparire.”

Il leader avversario, malgrado l’infortunio ai denti, garrulo invita per le feste a regalare, insieme a panettone e spumante, tessere del suo Partito. Con la sua indecente uscita inciucista, il sedicente nostro leader dirimpettaio è come avesse stracciato voto e tessera di milioni di iscritti e simpatizzanti del partito suo. La concezione della democrazia tra i due non sembra essere poi così dissimile.

La Puglia, per esempio. Si chiede a Vendola di fare un passo indietro. Ma che Partito è quello che inneggia e pratica le primarie come strumento di democrazia, e poi, disinvoltamente, cambia idea, sistema e metodo e mette alla porta sbrigativamente chi dalle primarie ha per ben due volte ricevuto l’investitura? Rifarle non è doveroso e coerente?

P.S. Dice: ma tu, a che titolo scrivi quello che sostieni e dici? E io rispondo: intanto, per non perdere contatto con la nozione di libertà, con il senso di dignità e l’autostima; poi perché il Partito Democratico non è mica una caserma, no?

Gian Carlo Marchesini