Il giardino dei limoni

Dopo la solenne e tragica cupezza di Un valzer per Bashir, Il giardino dei limoni dell’israeliano Eran Kiklis (La sposa siriana), affronta ancora il conflitto israelo-palestinese, raccontando però una storia del tutto particolare con un linguaggio e una sensibilità completamente diverse. Tanto il primo è infatti immerso nei fiumi di sangue delle battaglie raccontate dal vivo e in diretta, nel crepitio delle armi automatiche e nel tonfo notturno delle bombe sulle case di civili inermi illuminate a giorno dai razzi al fosforo, tanto il secondo indaga il versante delle relazioni quotidiane tra esponenti civili delle due popolazioni. Il caso raccontato è quello delle relazioni di un vicinato molto particolare tra due donne. La prima, palestinese, è la proprietaria, vedova e sola, di una modesta casa circondata da centinaia di rigogliose piante di limoni che ne costituiscono ornamento, orgogliosa decennale tradizione famigliare e fonte di sostentamento. La seconda è la moglie del ministro del governo israeliano trasferita insieme al marito proprio in una villa confinante con il giardino di limoni della palestinese. A quel punto, ciò che costituisce motivo di orgoglio e vanto, nonché risultato fiorente di anni di fatica e impegno, diventa per il politico israeliano di alto rango causa di temibile insidia. Dal fitto rigoglioso degli alberi di limone – sostengono i servizi segreti preposti alla sua sicurezza – terroristi abilmente intrufolati potrebbero attentare alla sua vita. Quei trecento alberi carichi di succulenti frutti vanno dunque immediatamente sradicati. La loro proprietaria, assistita da un avvocato, si oppone e ricorre. Inizia così la trafila di un processo con le sue tappe e sentenze controverse, interviene la stampa, il caso apparentemente marginale e secondario assurge valore simbolico delle ingiustizie e delle sofferenze che il conflitto, l’inimicizia, l’ostilità, l’incapacità di trovare un modus vivendi più tollerante e pacifico provocano nella vita quotidiana delle persone. Il punto di vista e lo sguardo assunti nel film sono squisitamente femminili: le due donne dirimpettaie che si scrutano dalle rispettive finestre prima diffidenti, poi curiose e interessate, infine tacitamente solidali, sono le protagoniste assolute. E’ attraverso la loro delicata e sofferta sensibilità che le vicende vengono raccontate. L’altra protagonista è la pianta del limone, i suoi frutti, la bevanda dissetante che se ne ricava  - memorabile è anche l’elogio toccante del rapporto amoroso con le piante e la natura fatto in un passaggio del film dal vecchio contadino che coltiva il giardino dei limoni. Il cui significato può essere racchiuso in questa domanda: ma che senso ha distruggersi reciprocamente l’esistenza con il sospetto, la rivalità, l’inimicizia, l’ostilità e la guerra, quando la natura può essere così rigogliosa e bella, i suoi frutti abbondanti e sufficienti per tutti, e la vita, a saperla affrontare solidalmente insieme,  ricca di soddisfazioni e piaceri?

Gian Carlo Marchesini