Un valzer per Bashir

Un valzer per Bashir, film di Ari Folman, regista israeliano  cinematograficamente sapiente nell’uso del linguaggio animato, riconosce che il massacro di alcune migliaia di palestinesi, uomini, donne e bambini, avvenuto la notte del 16 settembre 1982 alla periferia di Beirut, fu una  azione criminale frutto di una concezione di stampo nazista. Certo, a portarla materialmente a termine fu la falange dei maroniti cristiani come vendetta per l’assassinio del loro leader Bashir Gemayel compiuto poche settimane prima. Ma il necessario consenso, l’appoggio concreto, la complicità attiva e quindi la responsabilità piena degli alti comandi politico-militari israeliani (Ariel Sharon!), sono nel film esplicitamente riconosciuti. E la questione potrebbe anche chiudersi qui. Senonché oggi siamo nei giorni del massacro a Gaza di oltre mille palestinesi, dei quali più di un terzo bambini. La denuncia e la responsabilità del massacro di Sabra e Shatila avvengono, attraverso Un valzer per Bashir, proprio mentre l’esercito israeliano sta perpetrando a  Gaza qualcosa nella sostanza non dissimile da quello che è stato eseguito e portato a termine dai cristiani maroniti a Beirut allora. Infatti Un valzer per Bashir è coinvolgente e sconvolgente perché racconta fatti e misfatti del passato con una verosimiglianza e una efficacia - che a me, in presenza delle immagini finali del massacro rese con il ricorso a un crudissimo documentario girato sui luoghi all’epoca, hanno provocato un crollo di singhiozzi disperati – che viene istintivo applicare alla realtà altrettanto orribile di questi nostri giorni.  Ed è coinvolgente e sconvolgente perché riconosce la responsabilità del massacro che gli israeliani hanno contribuito a infliggere allora ai palestinesi, in un film i cui autori sono israeliani, e proprio nei giorni in cui tali misfatti si ripropongono con la stessa parte nel ruolo di vittima, e la medesima parte in quello di carnefice. Non c’è di che restare doppiamente sconvolti? E’ come se dei registi tedeschi mostrassero e ammettessero in un loro film gli orrori dei compatrioti nazisti messi in atto nei campi di concentramento, e lo ammettessero a distanza di anni e proprio mentre il loro esercito ripropone sulla stessa popolazione analoghi massacri.  Non si è indotti a postulare una equivalenza – in tempi ed entità ovviamente diversi -  israeliani/ palestinesi da un lato, nazisti/sionisti dall’altro? Ma chi riuscirà a liberare Israele dal labirinto terribile in cui si è cacciato? Ed è  così inesorabile che un popolo non riesca a liberarsi dall’orrore patito se non infliggendolo a un popolo ancora più debole e misero? E quale atroce gioco di complicità sordide e interessate impedisce le grandi potenze dal frapporsi e scongiurare? E quale civiltà ha raggiunto il mondo in questo avvio di Terzo Millennio, se non riesce a trasformarsi nemmeno in un riparo vitale minimo per esseri umani indifesi – ieri ebrei, oggi palestinesi – trattati alla stregua di bestie al massacro?

Gian Carlo Marchesini